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TOTI SCIALOJA 1914 – 1998 A Roma dove nasce e vive, frequenta , fin dagli anni giovanili , la ristretta cerchia di intellettuali che si riunisce intorno alla Galleria della Cometa e gli studi di Corrado Cagli e Mirko. Intorno alla metà degli anni trenta si delinea , sempre più chiaramente, la sua vocazione per la pittura , anche se si dedicherà a lungo allo studio del disegno. Si possono rintracciare le fonti della prima formazione artistica di S. nella pittura di Carlo Levi degli anni trenta. Una pittura che S. stimava e sulla quale in seguito scrisse un intero saggio su “Mercurio “ nel 1947. L’esordio nel mondo ufficiale dell’arte avviene con l’esposizione di un disegno a inchiostro alla terza edizione della Quadriennale romana nel 1939 ,e in seguito 30 disegni vengono esposti nel...
TOTI SCIALOJA 1914 – 1998 A Roma dove nasce e vive, frequenta , fin dagli anni giovanili , la ristretta cerchia di intellettuali che si riunisce intorno alla Galleria della Cometa e gli studi di Corrado Cagli e Mirko. Intorno alla metà degli anni trenta si delinea , sempre più chiaramente, la sua vocazione per la pittura , anche se si dedicherà a lungo allo studio del disegno. Si possono rintracciare le fonti della prima formazione artistica di S. nella pittura di Carlo Levi degli anni trenta. Una pittura che S. stimava e sulla quale in seguito scrisse un intero saggio su “Mercurio “ nel 1947. L’esordio nel mondo ufficiale dell’arte avviene con l’esposizione di un disegno a inchiostro alla terza edizione della Quadriennale romana nel 1939 ,e in seguito 30 disegni vengono esposti nel 1940 alla Galleria Genova. Un anno più tardi tiene la sua prima personale , con dipinti e disegni , alla Società degli Amici dell’Arte di Torino , presentato da Cesare Brandi. Egli nota come S. “si sia subito rivolto verso una pittura in cui si riversa un istinto violento ed istantaneo….” E inoltre “ Furono le prime pitture un getto di toni sfragellati, sbucciati , zuppi , esposti come piaghe , ignari di tenerezza… In questi anni espone per due volte di seguito al Premio Bergamo nel 1941 e nel 1942. Nel luglio 1943 partecipa ad una mostra collettiva alla Galleria dello Zodiaco con , tra gli altri, Leoncillo , Turcato e Vedova. Pervasi da una intensa luminosità cromatica i quadri di questi anni prendono ispirazione da quella che Lui definisce la sua mitizzazione di Van Gogh ; il tentativo , cioè, di ritrovare il timbro che rafforza il colore , e permette di ottenere una luce chiarissima. Questi paesaggi colpirono la fantasia di Gadda che li descrive nel suo “Pasticciaccio “. Nel febbraio dello stesso anno esordisce in teatro realizzando le scene e i costumi per ” L’opera dello straccione “ di J. Gay con la regia di Vito Pandolfi. È importante l’esperienza che per diversi anni S. ha condotto nel teatro parallelamente alla sua attività pittorica. Sempre nel 1943 realizza le scene e i costumi per il balletto “ capricci alla Strawinsky “ al Teatro delle Arti a Parma. Nel 1945 crea le scene e i costumi per “ Il mandarino meraviglioso “ di Bartok. Nel 1947/48 compie due viaggi a Parigi, dove ritrova le proprie origini Vangoghiane e Soutiniane , tuttavia il suo pensiero e il suo lavoro nell’arte entrano in crisi. Al contrario di quello che gli succede nella pittura , nel teatro realizza nel 1948 tre brillanti scenografie; si fa dunque chiara una notevole differenza tra l’incertezza che tormentava S. nei confronti della pittura e d’altra parte la sua carica e forza espressionista nelle scenografie . Comincia a guardare a Morandi nel tentativo di mitigare i toni espressionisti della sua pittura. Si delinea nell’artista , l’idea che vedeva uniti il “tono morandiano e la spazialità metafisica di De Chirico”. Fu un’ esperienza breve ma fondamentale per l’evoluzione della sua pittura. Invitato a partecpare alle mostre dell’Art Club , vi espone nel 1949 e nel 1950 tre Nature morte , ma è ormai evidente un’inquietudine profonda rispetto non solo alla sua radice espressionista ,ma anche all’idea di una pittura morandiana e metafisica . Nel 1950 – 52 partecipa alla Biennale di Venezia . Sono anni di profonda crisi nei quali comincia a guardare all’astrattismo; al contrario l’attività nel teatro è molto intensa. Nel 1954 partecipa alla Biennale di Venezia con una parete di opere molto apprezzate da Lionello Venturi che vede rientrare S. nella sua concezione di pittore astratto-concreto: dice Venturi “ ogni opera d’arte di ogni epoca e luogo, è insieme astratta e concreta , astratta perché ha uno stile , concreta perché il suo contenuto dipende dal modo di sentire e di vivere “ concreto “ dell’artista . Di questa fase della pittura di S. resta un notevole documento: il saggio di Milton Gendel , uscito su Art News, che segue la nascita dell’opera sin dalla prima pennellata dell’artista. Con l’approccio alla pittura astratta S. abbandona l’uso del pennello e comincia a lavorare con gli stracci imbevuti di colore. Nel maggio 1955 , P.P.Pasolini presenta il catalogo della mostra di S. alla Galleria del Teatro di Parma. Il 1956 è l’anno del primo viaggio di S. negli Stati Uniti , in occasione della sua prima importante personale presso la Galleria Viviano a Manhattan. Fu durante il suo soggiorno negli Stati Uniti che si rese conto di come fosse attratto dalla pittura degli espressionisti astratti americani come Pollock, Rotko , Motherwell , De Kooning e Kline ,di come esistesse un’affinità oscura e lontana tra il suo lavoro in Italia e quello dei maggiori artisti americani. Dice S. in una intervista del dicembre 1992 : “ già nel ’56 facevo una pittura “ dripping” alla Pollock, in parte dripping e in parte con delle pennellate che coprivano quà e là la superficie. Il mio canone era la superficie , l’automatismo psichico….credevo nella superficie , nel grande segreto della superficie. Nel 1957 espone con Afro e Burri alla Galleria La Tartaruga. Ha definitivamente abbandonato la pittura a olio , scegliendo il vinavil come agglutinante per il colore in polvere . Durante l’estate lavora a Procida , dove arrivano su suo invito Afro, Perilli ,Cy Twombly, Marca – Relli, Birolli e il giovane Novelli. È durante questo lungo soggiorno che S. trova il suo particolare procedimento di stampaggio del colore sulla superficie della tela mediante il rovesciamento e la pressione di una carta intrisa di colore , che danno origine alle “Impronte”. Anche l’insegnamento della pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma fu importante nella vita di S. come del resto la sua influenza sui giovani artisti delle generazioni successive. Nel giugno 1959 espone alla Galleria La Tartaruga. Nel 1960 lavora a New York in un loft a Greenwich Street a poca distanza dalla casa di Rotko del quale è grande amico; dipinge quasi esclusivamente in bianco e nero. Le impronte si fanno monumentali ed incombenti. Nell’estate dello stesso anno si trasferisce a Parigi ed i quadri newyorkesi rimarranno per circa dieci anni arrotolati nello studio di Nivola a East Hampton. Ma l’ambiente artistico parigino lo delude. Dirà S. : “situazione catastrofica, fallimentare della pittura a Parigi. Hanno perso il filo , procedono come ciechi. L’antica tradizione esaurita e spezzata…..la scuola di New York, l’espressionismo astratto , la pittura di gesto e di azione sono stati capiti come una moda o un modulo”. Nel 1962 espone alla Galleria La Salita. Nel 1964 espone alla Biennale di Venezia con una sala personale e , parellelamente , torna a lavorare al teatro , dopo la decisione presa nel 1956 , di dedicarsi esclusivamente alla pittura. Nel 1965 espone alla Galleria La Metopa di Bari opere in cui le impronte cominciano a subire delle modificazioni e a caratterizzarsi in elementi più geometrizzanti . Nel 1966 Mostra antologica alla Galleria Marlborough . Accanto ai quadri con le impronte, espone per la prima volta alcune opere in cui le impronte tendono a scomparire o a racchiudersi entro forme rettangolari . Verso la fine degli anni ‘60 Il suo lavoro si concentra sulla carta, l’artista dipinge solo saltuariamente su tela, si dedica soprattutto ai collages. Nel 1969 espone alla galleria Qui Arte Contemporanea delle opere su carta in cui l’impronta (colore più collage di merletto e di carta di giornale ) ha ceduto il posto al collage di alcune strisce di carta colorata . Con un gruppo di grandi opere partecipa alla mostra del Jewish Museum di New York. Nel 1972 tiene una personale alla Galleria Martano di Torino. Seguiranno nel 1973 al Museo di Corpus Christi ( Texas ) e alla Galleria Marlborough di New York e Roma , 1975 alla Galleria Marlborough di Zurigo , 1976 al Museo Chaux-de-Fonds . Comincerà per S. un momento di isolamento, di riflessione e di allontanamento dal mondo dell’arte e degli artisti dovuto , in parte , all’accostarsi alla sua vocazione giovanile : la poesia. Nel 1971 esce il suo primo libro di poesie per l’infanzia , “ Amato topino caro “. Fin dal 1961 , a Parigi, S. aveva cominciato a scrivere poesie dedicate all’infanzia , e che via via illustrava e che raccolse in un album dedicato ai suoi tre nipotini. L’opera ottenne subito un notevole successo , e lo stesso Italo Calvino , scoperto il libro per caso nelle mani della figlia , se ne entusiasmò . Nel 1975 escono i libri “ La zanzara senza zeta “ e “ Una vespa che spavento “,1976 “ La stanza la stizza l’astuzia”,1979 “ Ghiro ghiro tonto “, 1981 la raccolta di poesie “Paesaggi senza peso “, 1983 “ Scarse serpi “, 1984 “ La mela di Amleto “,1985 “ Serracapriola “e nel 1988 “ Le sillabe della Sibilla. Nel 1977 l’Università di Parma Gli dedica a una retrospettiva curata da C. A. Quintavalle e G. Bonini. Nel 1979 prima grande mostra di opere su carta presso il Palazzo Tè a Mantova. Sarà nel 1982 dopo un viaggio a Madrid , che S. ha l’occasione di riscoprire la pittura nera di Goya che avrà un valore di illuminazione capace di innestare un nuovo corso alla sua pittura. Nel 1983 dipinge infatti San Isidro , ispirato direttamente a due olii maggiori del ciclo di Goya, nel quale la pittura di S. si riaccende ed esplode in pennellate ritmiche ed espressioniste. Nel 1984 ha una sala alla Biennale di Venezia. La Sua pittura recupera , in qusti anni, l’impeto e la forza espressiva del lavoro su tela a grande dimensione , cosa ormai abbandonata da tempo. Nel 1985 mostra antologica al Museo Civico di Gibellina. Nel ciclo di Gibellina , al quale S. lavora durante l’estate con estrema tensione, sarà “ la luce calda e vibrante , come filtrata da un arcobaleno, con i suoi guizzi costanti, a quietare la vitalità dinamico-gestuale dei segni.. ( Appella). Nel 1986 realizza le macchine sceniche per il “Ratto di Proserpina”. Nel 1987 mostra antologica per il Museo civico di Monza. Nel 1988 mostra antologica delle opere su carta , dal 1938 al 1988, curata da Fabrizio D’Amico e Flaminio Gualdoni. Numerose sono le mostre che in questi anni hanno catalizzato l’interesse nei confronti della pittura di S., riproponendo momenti ancora inediti o dimenticati del suo percorso artistico ; ricordiamo la mostra alla Galleria Editalia di Roma , alla Galleria Niccoli di Parma che esponeva tra le opere recenti, alcune “ impronte “con inserti materici ,recuperate dopo 20 anni di abbandono , in un deposito parigino; e ancora la mostra di opere su carta del 1958 alla Galleria Durante di Roma. Nel 1990 mostra a Palazzo Pretorio di Certaldo che documenta l’attività di S. nel teatro e l’Antologica a Spoleto , durante il Festival dei due Mondi a Palazzo Rosai- Spada, con gli ultimi 10 anni della sua pittura , quindi due personali presso lo Studio Reggiani di Milano e l’altra a Verbania – Intra. 1991 – mostra antologica alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma con un’intervista in catalogo di Robert Motherwell . L’itinerario della mostra inizia con una serie delle prime opere figurative e si svolge attraverso il neocubismo e le opere astratte , fino alle impronte per concludersi con l’ultimo periodo di , espressionismo gestuale . Tra le tante pagine critiche Antonio Pinelli scrive di S. come di un “ pittore la cui statura internazionale non è mai stata messa in dubbio, ma solo da qualche anno è stata percepita nella sua effettiva dimensione , grazie all’imperioso dispiegarsi di una stupefacente stagione – quella che si è aperta nell’82 , dopo l’incontro folgorante a Madrid con la “ pittura nera “ di Goya – che si è subito configurata come una vera e propria seconda giovinezza…”.Nel giugno dello stesso anno epone alla Galleria Durante una serie di 15 sculture , realizzate l’anno precedente , e sono all’apparenza una novità per S. , ma viceversa rispondono ad un desiderio da sempre coltivato , come si legge in un’ intervista di Appella pubblicata in catalogo. Il lavoro creativo di S. in qusti ultimi anni presenta numerose collettive in Italia e all’estero e segue quell’impulso alla gestualità espressiva cominciato nell’82 , avvalendosi ora di colori più luminosi ora di tonalità più ombrose. Scrive Enrico Gallian sull’ operare di Toti: “ Ora dipinge a terra, usando i tre gesti dell’azione pittorica : la spalla , il gomito , il polso, dipinge con il corpo ,cammina sopra la tela a terra…”Con forza espressiva scrive Elena Pontiggia : “ Tutta l’opera di S. nasce da un corpo a corpo con la pittura , da un entrare nella tela e vivere in essa “. Della sua attività letteraria ricordiamo “ I violini del diluvio “ nel 1991, “ Una vanessa “ nel 1993, “ Rapide e lente amnesie “ nel 1994. Nel 1995 S. espone un gruppo di opere degli ultimi anni all’Accademia dei Concordi di Rovigo e tiene una personale alla Galleria Ronchini di Terni , città dove visse i primi tre anni di vita e alla quale rimase molto legato. Nella primavera del 1996 - mostra personale a Parigi presso la Galleria Di Meo e lo Studio Simonis, in marzo espone alla Galleria Fioretto di Padova e a settembre allo Studio d’Arte di Aurelio Stefanini. Nel 1997 mostra alla Galleria San Carlo di Milano e al Videocentro di Terni a gennaio, segue alla Galleria S. Biagio e Galleria Giovanni Di Summa in autunno. Nel 1998, anno della morte di Toti Scialoja, alla Galleria Omega di Reggio Emilia con la mostra “E’ vento di cultura". Nel 1999 alla Chiesa di S. Giacomo a Vicenza . Nel 2000/01 alla Galleria Scudo di Verona . Nel 2001 alla Galleria Open Art di Prato, “ Toti Scialoja, Anni 90 “.