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Sergio Piccoli (Biography) Sergio Piccoli nasce a Verona nel 1946. A sedici anni inizia ad avvicinarsi alla pittura attraverso la quale cerca di esprimere le proprie emozioni e i sentimenti. Le sue prime opere risalgono agli anni Settanta quando attua vari studi e sperimentazioni osservando precedenti esperienze artistiche. Come scrive Walter Guadagnini: “Piace immaginare, in questi anni, Piccoli chiuso nel suo studio a saggiare colori, forme, immagini, e piace immaginarlo in visita ai musei dove sono conservati i testi sacri del moderno, le icone di un’avanguardia a quegli anni già divenuta storia” . In questo periodo dipinge nature morte come Composizione con frutta del 1970, di derivazione morandiana, in cui gli oggetti sono resi con gusto sintetico, le forme sono raggiunte unicamente con il colore, fino a diventare in Composizione...
Sergio Piccoli (Biography) Sergio Piccoli nasce a Verona nel 1946. A sedici anni inizia ad avvicinarsi alla pittura attraverso la quale cerca di esprimere le proprie emozioni e i sentimenti. Le sue prime opere risalgono agli anni Settanta quando attua vari studi e sperimentazioni osservando precedenti esperienze artistiche. Come scrive Walter Guadagnini: “Piace immaginare, in questi anni, Piccoli chiuso nel suo studio a saggiare colori, forme, immagini, e piace immaginarlo in visita ai musei dove sono conservati i testi sacri del moderno, le icone di un’avanguardia a quegli anni già divenuta storia” . In questo periodo dipinge nature morte come Composizione con frutta del 1970, di derivazione morandiana, in cui gli oggetti sono resi con gusto sintetico, le forme sono raggiunte unicamente con il colore, fino a diventare in Composizione del 1974, delle “macchie” cromatiche accompagnate da graffiti, ottenuti scavando la materia in superficie. In Composizione con frutta i contorni degli oggetti sono dati dal colore base del dipinto, Piccoli, infatti, lavora su di un fondo cromatico arancione che non serve solo ad ottenere particolari sfumature tonali, ma a delimitare i confini di ogni oggetto riportato. In quest’opera il colore di fondo non è stato volutamente coperto, ma in seguito, come in Composizione sono proprio i segni grafici scavati nella materia a far sì che il colore ritorni visibile in alcune parti. La componente grafica che si riscontra nelle opere di questo periodo sarà una costante nella produzione artistica di Piccoli e testimonia quanto sia complessa la sua ricerca coloristica. Se si osservano opere come La vela del 1978 o lo studio Giallo importante del 2003, realizzate a una distanza di venticinque anni l’una dall’altra, notiamo che questi grafismi utilizzati dall’artista sono la prova di un lungo lavoro di ricerca per ottenere risultati cromatici continuamente diversi. L’uso di elementi segnici potrebbe derivare dagli studi di Grafica Pubblicitaria a Verona, che intraprende per tre anni a partire dal 1973-74; corsi che, come racconta Piccoli, sono serviti molto per imparare ad impastare il colore. Durante questo periodo di studio si avvicina all’opera di Paul Cézanne, lo si percepisce soprattutto osservando i suoi paesaggi, alle esperienze cubiste, in particolare negli studi preparatori per l’atrio della Stazione Porta Nuova di Verona, al vivace cromatismo dei Fauves, come in Al mare, meditazione (1974) fino a sperimentare la pittura di Mario Sironi e il tema del lavoro realizzando opere con colori prevalentemente grigi, marroni, blu spenti, che richiamano il mondo industriale, meccanico, un esempio sono Giorno di lavoro del 1975 e l’ Uomo bullone del 1978. Piccoli medita sapientemente anche sull’opera di Paul Klee ed è così che nascono dei paesaggi “lirici”, come Colline veronesi (1978), caratterizzati da un cromatismo tenue e semplici elementi grafici che conducono lo spettatore in una dimensione onirica. Nel 1976 vince il Premio Burano come ricorda anche l’amico poeta e critico d’arte Alessandro Mozzambani: “Pur col freno di esiti ancora figurativi, già nel 1976 la vivace natura del suo colore ha ricevuto il riconoscimento del Premio Burano, che (decaduto o no) rimane per un veneto la ‘storia’ della modernità rinnovatrice di Gino Rossi, Pio Semeghini, e di tutti gli altri poeti del tono che alla ‘tradizione’ veneta hanno fatto corona” . Nello stesso anno esegue Verona in movimento, il murale per l’atrio della Stazione Porta Nuova di Verona; gli studi preparatori risalenti al 1975, mostrano, come abbiamo già accennato, evidenti richiami al Cubismo: alcuni ricordano l’opera di Fernand Léger, altri la Guernica di Pablo Picasso. Nel 1978 tiene una personale a Losanna presso la Galleria Stilfar dove incontra Willy Mechnick e Peter Maag, che lo ospiterà l’anno successivo a Saint Moritz in occasione di una sua mostra. In questo periodo ancora di studio e di ricerca è vicino al pensiero e al lavoro di Wassily Kandinsky, del quale legge attentamente Lo spirituale nell’arte e in linea con la sua poetica afferma di “amare la pittura che viene dallo spirito”, nascono così opere in cui prevale l’istinto e la “spontaneità” come scrive Angelo Barone: “All’inizio apparve il piano della superficie e distinta quella moltitudine che chi l’aveva preceduto gli aveva costruito addosso. S. P. affronta questo piano con la voracità del pioniere, colonizza il vuoto della superficie con tracciati istintivi, con la spontaneità ancestrale della mano umana, con un segno continuo, con uno sfregamento ascensionale del pastello che trasuda ammirazione per il dandy armeno Arshile Gorki” . Con l’avvento degli anni Ottanta si conclude per Piccoli una prima fase di sperimentazione e di studio approdando a nuove maturazioni artistiche. Nel 1981 alla Deroode Boom Gallery a L’Aia espone le Mutazioni continue e in seguito nel 1983 alla Galleria di Palazzo Massari a Ferrara la serie delle Armonie, opere in cui si afferma sempre di più la sua natura di colorista: in queste pitture composte da striature cromatiche “coniuga”, come scrive Guadagnini “il dato emotivo con il dato razionale”, ed è ancora presente “un controllo formale che paga, forse per l’ultima volta, il proprio debito a un’idea costruttiva della pittura” . Durante la mostra a L’Aia conosce varie personalità artistiche tra cui André Van Lier e Jules Bekker, con il quale rimane in contatto tanto da ospitarlo durante i soggiorni olandesi avvenuti fra il 1983 e il 1984. Lo scambio intellettuale con questi due artisti è stato molto importante per Piccoli, al punto da determinare un cambiamento nella sua produzione: verso la metà degli anni ottanta dalle Armonie si procede verso un allargamento delle campiture da cui nascono le Nuvole, opere in cui rispetto alla serie precedente domina una maggiore carica istintiva. Nel 1985 espone con una personale alla Galleria Ferrari a Verona durante la quale conosce l’architetto Giovanni Pompole che lo ospita in uno studio in Piazza Bra dove nascono le prime tele di grandi dimensioni. Di quell’amicizia con Pompole rimane ancora oggi il ricordo di Mozzambani in una poesia dedicata ai due amici: A Giovanni Pompole e a…Sergio Piccoli . Se per certe evoluzioni pittoriche l’incontro con Van Lier e Bekker è stato importante, ancor più è il viaggio a New York nel 1989, dove è invitato dalla America-Italy Society che gli fornisce uno studio “grande, luminoso, alto, pieno di piante verdi” a Broadway, come scrive Piccoli nelle sue memorie di viaggio. A New York, dove rimane per tre o quattro mesi, espone alla Axxle Gallery e nei locali dell’America-Italy Society, in questo periodo lavora molto, continua la sua ricerca coloristica, visita i musei newyorkesi e assimila la lezione di artisti come Willem De Kooning, Barnett Newman, Jackson Pollock, Mark Rothko, arrivando ad acquisire una forte carica emotiva che lo porta ad un nuovo sviluppo artistico. Piccoli rielabora così il linguaggio della pittura americana con una sensibilità cromatica riconducibile alla tradizione veneta, alla quale è particolarmente legato e che non dimentica neanche durante il soggiorno newyorkese, tanto da appuntare nei suoi ricordi: “In studio fare alcune cose delicate come la mia vecchia scuola veronese”. Nel 1991, invitato dalla critica d’arte Maria Teresa Badalucco, espone alla Galleria Arbat a Mosca, in questa occasione tiene una conferenza sul colore, conosce l’ambiente intellettuale ed artistico della città russa ed entra in contatto con l’architetto Victor Litvinov. Dopo l’esperienza di Mosca e l’esposizione del 1993 presso la Galleria Dell’Annuciata a Milano, dove conosce Angelo Barone, scultore e professore di storia del disegno all’Accademia di Belle Arti di Ravenna, il colore comincia ad espandersi sulla superficie della tela divenendo quasi un monocromo che non sarà mai realizzato in senso assoluto, come scrive anche Valerio Dehò nella presentazione della mostra presso la Galleria L’Ariete a Bologna nel 2001: “Quello che Piccoli è riuscito a fare sta proprio nel liberare lo spazio da altri fattori di possibile interferenza, lasciando il colore quale assoluto protagonista dell’opera. Per concretizzare questa operazione senza scivolare nel monocromo, attività ormai ben sperimentata nella seconda metà di questo secolo, l’artista contorna il centro visivo con cromatismi dissonanti che accrescono a centralità del colore dominante. Ritorna il cosiddetto ‘potere del centro’ di cui ha scritto Arnheim, ma ritorna come vuoto illuminato, come apparizione. Anche quando Piccoli crea giustapposizioni di colore diversificate, attenuando la centralità di cui abbiamo detto, vi è in ogni modo il tema di un colore dominante a reggere la struttura del quadro” . E’ una svolta importante nella sua pittura, prende così avvio una nuova ricerca che porta avanti ancora oggi, la parte centrale delle sue opere sembra perdere di importanza, ma è solo apparenza, perché sono proprio i cromatismi che la contornano ad accentuarne la centralità. Conosciuto e apprezzato dall’ambiente artistico veronese, nel 1997 viene contattato dall’architetto Rinaldo Olivieri per decorare il nuovo Teatro Camploy di Verona, dove esegue un ciclo di affreschi dal titolo Il cielo di Tespi. Piccoli dimostra, così la capacità di saper “trasportare” il suo linguaggio artistico in spazi molto grandi, un linguaggio ormai lontano da quello proposto nella Stazione Porta Nuova di Verona. Nel 2002 esegue l’ Infinito, un affresco commissionatogli da Giovanni Martinelli per la decorazione del Teatro di Sandrà dedicato a Diego Martinelli, contemporaneamente affresca il muro del corridoio negli uffici dell’omonima azienda e in seguito, nel 2006, viene inaugurato l’affresco sulla parete nei locali della Tipografia Aurora a Bussolengo di Verona. Nel 2003 il Museo d’Arte delle Generazioni Italiane del ‘900, fondato da Giulio Bargellini, acquista due tele per la collezione e la sua opera è pubblicata nel volume Storia dell’arte italiana del ‘900 per generazioni. Generazione anni quaranta di Giorgio Di Genova . Nel 2004 anche la Fondazione Cariverona commissiona altre due opere dell’artista per accrescere la propria raccolta, nel catalogo della collezione le opere pubblicate sono introdotte da uno scritto di Camilla Bertoni . La sua opera è presentata nei locali della Galleria Open Art con la quale è entrato in contatto nel 2005. Piccoli arriva a risultati cromatici unici, ottenuti da una continua sovrapposizione di toni, che se in alcune opere appare subito immediata in altre si percepisce con un’ osservazione lunga e attenta. L’artista è attratto dal “movimento cromatico” che dalle Armonie in poi è in continua evoluzione; se nelle Armonie è caratterizzato da un andamento lineare seguendo un ritmo per lo più orizzontale, in seguito sarà scandito in profondità. Attraverso il colore vuole di trasmettere le sensazioni che ha del vissuto, i sentimenti di fronte al dato naturale e non è difficile intravedere in alcune sue pitture quella particolare atmosfera che caratterizza il paesaggio della pianura veneta, quella linea indefinita tra cielo e terra, che, nelle giornate solatie, sprigiona una delicata luminosità.