Nasce a Protivin (Boemia) il 24 settembre 1914 ("sono nato in guerra", dirà molti anni dopo) da genitori di modesta condizione: il padre è panettiere, la madre lavandaia. Nel 1922 la famiglia si trasferisce a Kladno, non lontano da Praga, dove l’artista vivrà fino a trent’anni, proletario fra i proletari. Già all'età di dieci anni, aiutava suo padre nei vapori mattutini del forno fumoso. I caratteri di stampa l'attiravano già a quell'epoca, avrebbe voluto imparare il mestiere di tipografo, ma la crisi economica che imperversava impedì la sua assunzione nella tipografia. Fu quindi un falegname, vicino di casa, che lo assunse come apprendista. Terminato l'apprendistato, Kolar si trovò senza lavoro e potè provvedere al suo sostentamento grazie...
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Nasce a Protivin (Boemia) il 24 settembre 1914 ("sono nato in guerra", dirà molti anni dopo) da genitori di modesta condizione: il padre è panettiere, la madre lavandaia. Nel 1922 la famiglia si trasferisce a Kladno, non lontano da Praga, dove l’artista vivrà fino a trent’anni, proletario fra i proletari. Già all'età di dieci anni, aiutava suo padre nei vapori mattutini del forno fumoso. I caratteri di stampa l'attiravano già a quell'epoca, avrebbe voluto imparare il mestiere di tipografo, ma la crisi economica che imperversava impedì la sua assunzione nella tipografia. Fu quindi un falegname, vicino di casa, che lo assunse come apprendista. Terminato l'apprendistato, Kolar si trovò senza lavoro e potè provvedere al suo sostentamento grazie all'indennità di disoccupazione. Vagabondo, frequentatore delle osterie di Kladno, coglieva le occasioni di lavoro che si presentavano; fu, a turno, sterratore, operaio alle ferrovie, cameriere in una birreria, badilante. A Kolar restava solo di scoprire l'esistenza dell'arte e della poesia. Una zia materna aveva ricopiato una volta delle poesie su dei quaderni. Il giovane apprendista li scoprì, li lesse: gli venne l'idea che dovevano esistere anche altri poeti contemporanei. Andò in una libreria dove gli diedero l'ultima raccolta di poesie di Jaroslav Seifert. Poco dopo, Kolar aveva allora sedici anni, vi fu l'esperienza decisiva: la traduzione ceca di Mots en liberte di Marinetti gli capitò tra le mani. Marinetti avviò Kolar sulla strada della poesia moderna e gettò le basi della sua ricerca artistica. Poi l'incontro con il Surrealismo dal quale derivò l'idea dei collage. Già nel '34 comincia a scrivere poesie e realizza dei collage influenzati dal poetismo e dal futurismo, che esporrà nella prima mostra personale al Mozarteum di Praga nel 1937. Una difficile giovinezza di proletario aveva dato a Kolar una giusta conoscenza della misura delle cose. Grazie a questa esperienza seppe in seguito attribuire il vero valore alla vita, alla lingua, alla letteratura, all'arte. Il cammino che conduce l'esordiente poeta di Kladno al Kolar che conosciamo oggi, è lungo e complesso. Nel '41, durante l'occupazione tedesca, pubblica la prima raccolta di poesie, Atto di nascita, con l'aiuto di Frantisek Halas che allora dirigeva la collana « Primi libri » destinata a fare conoscere le opere di scrittori esordienti. Frantisek Halas accettò subito i versi di Kolar e inoltre cercò di introdurre quest'ultimo, allora sconosciuto a Praga, nella società letteraria. Ma i giovani poeti praghesi non mostrarono alcun interesse per quest'ultimo arrivato. « Uno zoticone », pensavano. Halas ne fu molto addolorato. A quell'epoca Kolar era un ragazzo timido e silenzioso, come timida e silenziosa era la sua poesia: in apparenza erano soltanto pezzi di frasi, dispersioni di parole, in realtà erano costruzioni liriche, precise, fatte con un materiale raro, una lingua che la letteratura non aveva ancora alterato, la lingua comune del popolo: Maledetta Melusina La cena non è ancora pronta e io ho un appuntamento con il campo di granoturco M'ha dato la chiave della sua cameretta Fai cuocere presto una piccola stella M'incarico io degli alberi di tiglio Nel '42 fonda con altri artisti il "Gruppo 42", e sarà per molto tempo l’unico poeta del gruppo. Le idee estetiche del gruppo coincidevano molto bene con le convinzioni di Kolar. Contestavano l'accademismo al quale l'arte moderna aveva finito per soccombere e cercavano di unire il destino dell'arte a quello del mondo contemporaneo, di integrare la civiltà moderna alla poesia moderna. Fu forse il fatto di essere l'unico poeta tra i pittori e gli scultori del Gruppo 42 a far perdere a Kolar il coraggio di continuare le sue esperienze plastiche. Dopo la guerra, pubblicò alcuni libri che suscitarono una grande eco e scrisse le poesie di Odi e variazioni, che uscirono nel 1946.In questo periodo partecipa alla liberazione del campo di Auschwitz - un'esperienza traumatica- che avrà conseguenze fondamentali sul suo modo di fare arte e, poco dopo, si trasferisce a Praga, dove viene assunto come lettore in una casa editrice; pubblica Limbi e altre poesie e Sette cantate. Tra il' 46 e il' 48 comincia a viaggiare: dapprima raggiunge Parigi attraversando la Germania devastata, poi visita la Gran Bretagna. Nel 1948 il Gruppo 42 si sciolse, gli amici si separarono e Kolar tornò a poco a poco alle esperienze plastiche. S'interessò di musica contemporanea; la conoscenza della musica concreta negli anni cinquanta indica al poeta le possibili analogie in poesia cioè rompere le forme grammaticali, minimizzare i mezzi, liberarsi della lingua, utilizzare i vuoti, i silenzi. Tiene in questo periodo un diario in versi (Giorni dell'anno) e uno in prosa (Anni di giorni): quest'ultimo viene sequestrato. Nel 1949 si sposa, scrive Testimone oculare e realizza le prime interpretazioni plastiche, di testi poetici. L’anno dopo, viene licenziato dall'impiego; parallelamente il "dizionario" del collage si arricchisce di nuovi lemmi: chiasmage, confrontage, histoire, rapportage. Nel 1952 scrive Il fegato di Prometeo, che conclude la trilogia diaristica assemblando poesia, prosa e immagini. Il testo, sequestrato durante una perquisizione, suscita la collera delle autorità comuniste: Kolar, vi descrive la campagna d'odio e menzogna scatenata contro di lui e la sua opera, dall'Unione degli scrittori cecoslovacchi. L’anno dopo viene arrestato per sovversione. « Nel 1953 fui imprigionato, ma rilasciato presto », dice laconicamente nella sua breve autobiografia per la monografia scritta da Miroslav Lamac e Dietrich Mahlow, pubblicata nel 1968 da DuMont Schauberg per l'Istituto d'arte moderna di Norimberga. L'istruttoria aperta contro di lui durò un anno. Alla fine fu condannato a un anno di carcere e la detenzione preventiva gli fu riconosciuta, il giudice lo rispedì direttamente a casa (ma il divieto di pubblicare rimarrrà in vigore fino al 1964). Kolar non ne parla volentieri. “ È stata per me un'esperienza decisiva”, aggiunge Kolar. Perche dunque? Sembra che Kolar si sia allora reso conto della disuguaglianza della lotta tra la poesia e la storia. Accettando le condizioni che la nostra storia può conferire alla poesia, egli cercò di renderla la più eloquente, la più convincente, la più aggressiva, la più efficace possibile. Ma allora si trasformava in declamazione, in retorica, in letteratura. Cessava di essere quella grande certezza, quella verità pura che era stata per lui prima. Cessava di essere poesia. Dopo il 1953, Kolar scrisse ancora alcuni trattati poetici, alcuni saggi, ma certamente si rendeva conto che le parole lo tradivano. Come l'avevano fatto prima di lui Rimbaud, Mallarme, i futuristi e infine i dadaisti, anche lui dovette distruggere la barriera delle parole. Due anni dopo, muore il padre. Scrive I’arte poetica di Maìtre Sum e, per il teatro, Il nostro pane quotidiano e La peste di Atene. In questo periodo ha occasione di vedere alcuni quadri di Rothko, letteralmente identici ai suoi, e decide di non dipingere più. Kolar cominciò a battere a macchina dei lied senza parole, composizioni "', basate su una libera disposizione delle lettere, dei numeri, dei segni di punteggiatura, degli spazi vuoti. Chiamava questi lied “ poesie del silenzio” ,« poesie vuote », « poesia evidente » e li dedicò alla memoria di Malevich. Tra 1959 e il ‘60, con i Poemi del silenzio, abbandona definitivamente la poesia verbale e si dedica alle prime versioni di "poesia evidente" d'immagini. Nello stesso modo compose degli « analfabetogrammi » e dei « balengogrammi », anche queste poesie senza parole, ma scritte a mano. Vi furono poi le scatole contenenti una serie di oggetti minuscoli, pezzi di tessuti stracciati, spaghi, lame di rasoio. Nella monografia citata, Lamac osserva il carattere simbolico di certi oggetti: « un libro dalle pagine incollate le une alle altre è così ridotto al silenzio; un libro mezzo bruciato, (come salvato da un autodafe); l'arresto del tempo simboleggiato dalle lancette di un quadrante di orologio legate assieme ; un pallottoliere le cui palline sono state sostituite da lame di rasoio ». Il legame di queste opere con il Surrealismo, in particolare con i poemi-oggetti di Breton, è evidente. Alla fine Kolar doveva tornare al procedimento del collage. I collage più importanti di Jiri Kolar sono realizzati con testi stampati o scritti. Kolar distrugge lo spazio lineare del testo: le sue composizioni si espandono in tutte le direzioni su delle grandi superfici: sono spesso fatte di testi in lingua straniera o in caratteri incomprensibili: testi tedeschi, latini, greci, ebraici, cinesi, note musicali, scrittura Braille. La comunicazione si organizza in segni geometrici, prende la forma di stelle, di spirali, di onde concentriche, evoca dei segni simbolici. Il poeta fa a meno delle parole e della loro retorica, siamo trasportati in un mondo dove le parole non servono più a niente. Vengono poi i collage realizzati con vecchie incisioni o riproduzioni di quadri celebri : inizia un lavoro sistematico -anche in grande formato -con anticollage, collage tattili e narrativi, froissage, poesie perforate (a colori, con nodi e lame di rasoio ), rollage, ventilage e altre varianti che non abbandonerà più, insieme alla costruzione di oggetti in legno che lo riportano alla giovanile esperienza di falegname. La fama, intanto, a poco a poco cresce e le mostre personali gli fanno compiere numerosi viaggi in Germania (partecipa nel '68 a "Documenta 4" di Kassel), Brasile (dove nel '69 vince la Biennale di San Paolo), Stati Uniti, Canada e Giappone. Nel novembre 1970 è colpito da emorragia cerebrale. L’ anno successivo riceve dall'università di Vienna il premio Gottfried von Herder. Omaggio a Baudelaire. Nel 1975 si reca negli Stati Uniti per la prima esposizione al Guggenheim Museum di New York (altre due si terrranno nel '78 e nell'85). E' tra i firmatari, con Vaclav Havel e numerosi altri artisti e intellettuali, di "Charta 77", il documento in cui si chiede il rispetto dei diritti umani e delle libertà civili in Cecoslovacchia: in seguito a ciò, viene messo al bando dal mondo artistico ufficiale del suo Paese. Realizza Omaggio a Kafka (1978). Vive per un anno a Berlino grazie a una borsa di studio della Deutscher Akademischer Austauschdienst e nell'80 si stabilisce a Parigi, dove, l'anno dopo, espone per la prima volta alla galleria Maeght (seguiranno le mostre dell'83 e dell'86). Omaggio a Mademoiselle Rivière e I cinque sensi. Nel 1982 le autorità cecoslovacche respingono la sua domanda di Prolungare il soggiorno in Francia e, non essendo rientrato per tempo in patria, viene condannato a un anno di prigione e alla confisca totale dei beni. 101 giorni dell'anno ( diario ). Nello stesso anno espone al Centre Pompidou (Beaubourg) di Parigi e al PAC di Milano. Chiede la cittadinanza francese, che ottiene nell'84. Seguono numerose mostre personali e collettive in musei e gallerie private in ogni parte del mondo. Scrive altri testi teatrali e poetici. Nel 1986 esce il Dizionario dei metodi (L’asino alato), la raccolta completa delle sue tecniche di collage, edita anche in inglese, tedesco, ceco e italiano. Nel 1990 è presente alla Biennale di Venezia e realizza Omaggio a van Gogh. Nel '91 comincia il ciclo Apollinaria. Dopo la lunga permanenza a Parigi, nel 1998 è tornato a Praga, dove, con la moglie Bela Kolarova, ha vissuto fino alla sua scomparsa avvenuta nell'Agosto del 2002.
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