Alvaro Monnini nasce a Firenze il 26 agosto 1922. Nel '47 a Firenze, insieme a Vinicio Berti e poi Mario Nuti, fonda il gruppo di pittori astrattisti "Arte oggi" che si inquadra nel panorama più ampio delle avanguardie ialiane del dopoguerra (vedi MAC, Forma 1). Il movimento culmina nel '50 col Manifesto dell'Astrattismo Classico, redatto da Ermanno migliorini e sottoscritto dai cinque artisti che successivamente scioglieranno il gruppo.Stilisicamente questo periodo è caratterizzato da un estremo rigore formale, che si manifesta nella scelta di forme geometriche pure, scaturite da un intenso lavoro progettuale teso a produrre opere di grande equilibrio statico e insieme di tensione dinamica. L'intento è quello di dominare la forma pura per costruire un'arte nuova e razionale. Negli anni sessanta, trasferitosi a Milano, si avvicina...
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Alvaro Monnini nasce a Firenze il 26 agosto 1922. Nel '47 a Firenze, insieme a Vinicio Berti e poi Mario Nuti, fonda il gruppo di pittori astrattisti "Arte oggi" che si inquadra nel panorama più ampio delle avanguardie ialiane del dopoguerra (vedi MAC, Forma 1). Il movimento culmina nel '50 col Manifesto dell'Astrattismo Classico, redatto da Ermanno migliorini e sottoscritto dai cinque artisti che successivamente scioglieranno il gruppo.Stilisicamente questo periodo è caratterizzato da un estremo rigore formale, che si manifesta nella scelta di forme geometriche pure, scaturite da un intenso lavoro progettuale teso a produrre opere di grande equilibrio statico e insieme di tensione dinamica. L'intento è quello di dominare la forma pura per costruire un'arte nuova e razionale. Negli anni sessanta, trasferitosi a Milano, si avvicina all'esperienza informalee crea figure dalle sembianze organiche: prima squarcia lo spazio in larghe spatolate che descrivono il travaglio di una genesi cosmica che fermenta in noi e nell'universo che ci circonda; poi, nella seconda metà di questo decennio, organizza la tela in superfici ordinate dai contorni irregolari, poste in relazione e che contengono allusioni evocative poichè intessuti di elementi reminescenziali che richiano forme di vita elementare, graffiti rupestri. Altre volte sembrano muri di un plotone di esecuzione o improvvisamente assumono l'intesità di uno sguardo, un qualcosa che rimanda alle teste di Fautrier. Nei primi anni settanta arriva a codificare un linguaggio vero e proprio delle forme evocative; nei quadri si compongono spazi più ambigui e complessi. È di questo periodo una delle produzioni più inquietanti ed insieme affascinanti dell'artista. Il quadro diventa uno spazio in cui anche il profano trova analogie e mezzi di confronto con la propria esperienza interiore. Questo periodo culmina con la mostra "I Demoni" (1970) alla Galleria Schubert di Milano, recensita dallo studioso di cibernetica Silvio Ceccato. Nella seconda metà degli anni settanta vi è un ritorno al geometrico e un interesse all'analisi scientifica della percezione dello spazio, nella convinzione che la realtà apparente abbia punti di contatto incerti con un ipotetico reale oggettivo. Queste ricerche culminano nel '79 con la mostra "Spazi, al Castello Sforzesco di Milano (con Kirby e Otero) e la presentazione dell'effetto TVS (Trasformazione Visuale Solidi), nonche con l'elaborazione di un nuovo metodo di prospettiva di valida applicazione al1'interior e al design di cui l'artista si è sempre occupato (metodo di prospettiva "Monnini"). Negli stessi anni è docente di teoria della forma, teoria del colore e geometria descrittiva all'Istituto Superiore di Architettura e Design di Milano. Questi studi continuano negli anni ottanta con alcune realizzazioni anche nel campo del design e dell’architettura (alcuni coordinati di rivestimenti per pareti e pavimenti, una serie di porte che chiudendosi "aprono nuovi spazi”, un allestimento su misura per sala riunioni alla Snam progetti di Assago, Milano). Nell'82, su richiesta della Galleria degli Uffizi di Firenze che organizza una raccolta di autoritratti degli artisti ita1iani più rappresentativi, realizza e dona il proprio autoritratto in chiave coerente alle ultime ricerche sulle superfici psicoplastiche associate alla teoria del colore. Infine nel1'ottantasei, un anno prima della scomparsa, pervaso dalla rinnovata esigenza di comunicare un certo lirismo, si lancia nella produzione di una serie di opere che fatalmente assumono l'aspetto di un sunto delle precedenti esperienze: il rigore geometrico, I'introspezione formale, la scienza del percettivo.
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